A gennaio se ne e’ parlato tanto e un noto presentatore televisivo italiano ne e’ stato per questo “crocifisso”.
Quando oggi si parla di donne e si mette un termine al posto sbagliato si sa, puo’ scatenarsi un vero pandemonio. Specialmente nel Sud d’Europa, dove il parametro della bellezza e’ un passaporto (spesso) fortunato, ma con il tempo difficile da sostenere e facile da fraintendere.
Nel mezzo di un’intervista stampa sembra che questo presentatore abbia esordito un po’ cosi’:
“E qui vorrei lodare la mia collega, ***, perche’ ha la capacita’ di stare vicino a un grande uomo stando un passo indietro”.
Silenzio…poi qualche occhiata di traverso…un paio di smorfie. Dalla platea sento alzarsi un po’ di chiacchiericcio con toni alti e bassi, poi una protesta isolata…e infine silenzio.
Mettiamo che su quel “***” ci sia il mio nome, Alessandra, o il tuo, Francesca, o Giulia, o Elisa…il tuo bellissimo nome, che hai amato, odiato o imparato a sostenere tutta una vita…cosa proveresti? Io ti dico solo il colore di cui diventerei: viola melanzana. Forse misto al verde…ma non della vergogna bensi’ della bile che mi salirebbe fino alla testa. Sembrerei un po’ una bomba ad orologeria colorata, o meglio un reattore nucleare in imminente esplosione.
La mia reazione e i miei colori non li posso certo paragonare ai tuoi, ti confesso che sono una che su alcuni temi si scalda alla velocita’ della luce. Forse, al contrario di me, reagiresti con piu’ spirito buttandola sul ridere, tu splendida sirena nel fiore dei tuoi vent’anni; tanto, cosa vuoi… su battute cosi’ ci hai fatto il callo ormai e la crema antirughe – per fortuna- la vedi ancora con il binocolo. O forse, segretamente, godi di questo status perche’ sai di essere bella e basta e non ti fa una bizza quello che succedera’ domani, figurati tra dieci anni.
Non te lo nascondo amica mia, ti invidio.Madre Natura ti ha dato tutti gli attributi che una donna vorrebbe avere, anche se a volte mi domando se la mia invidia sia proporzionale alla tua felicita’. Non ho minimamente idea di da dove tu provenga, se la tua infanzia e la tua adolescenza siano stati piu’ o meno facili, se il tuo lavoro ti faccia sentire realizzata, se il tuo compagno ti faccia sentire sempre adeguatamente amata e curata.
Io, al contrario, sono una persona che ti guarda da sotto il palco.
Sono venuta al mondo sana ma non particolarmente bella, sono cresciuta nella periferia italiana e non nell’Olimpo, ho abbandonato velocemente tanti sogni per prendermi una laurea e quelli che rimanevano li ho impiegati nel farmi strada all’estero e comporre la famiglia che ho adesso. Dietro a mio marito non posso ne’ voglio starci, altrimenti sembriamo un po’ la chiesa e il campanile. La nostra quotidianita’ non e’ sempre rose e fiori, ma per me come per lui rimane importante vivere in parallelo e trasmettere questo equilibrio a tutti, in primis a nostro figlio.
Ti saresti mai domandata se dall’altra parte dello schermo, quella sera, ci fosse stato tuo figlio/a? O tuo nipote? E’ difficile la domanda che ti faccio e lo so, lavorare dietro ad uno schermo non e’ semplice, devi sempre attutire i colpi e stare in linea con l’incarico che ti e’ stato dato.
Per consolarti pero’ ti racconto una cosa: nella mia vita quotidiana ho spesso a che fare con uomini. Tanti e di tutte le forme e colori. Spesso, nelle riunioni, sono l’unica donna presente. Ti ammetto che non e’ sempre facile, una donna deve spesso, da quando viene al mondo, lavorare il doppio per conquistarsi la stima altrui ma da loro e da queste situazioni ho imparato una cosa: essere sempre me stessa , in ogni situazione, e fingere di essere contenta se sento che qualcuno mi sta pestando i piedi.
Davanti agli schermi, cara ***, siamo milioni di milioni, di donne italiane sparse per il mondo, piu’ o meno belle, ma soprattutto preparate e poco disposte a piegarci a novanta su tutto. Siamo milioni di storie, con milioni di figli, generati o adottati, cui insegniamo ogni giorno che la vita si guadagna anche quando la bellezza non ci arriva piu’ e che il permesso all’altro sesso non si deve sempre e necessariamente chiedere, perche‘ ci sono traguardi che non devono piu‘ essere discussi. E’ difficile mediare, ma non per questo si deve smettere di pretendere.
Pretendere di essere riconosciute come donne istruite, emancipate, portatrici di diritti che sono alla base di un pensiero democratico. Pretendere di essere riconosciute “al pari di” e, se legittimo, “sopra di” senza mettere a repentaglio sentimenti e relazioni. Pretendere di essere presentate non solo per come appaiamo bensi’ per come siamo, bellissime imperfette, ognuna con un proprio dono, parti di una costellazione meravigliosa che si chiama femminilita’.
E’ la coscienza di se’ che ti porta a pretendere e, se vuoi, anche tante strade tortuose che hanno reso il viaggio meno comodo ma piu’ “istruttivo”. Forse, cara Francesca, tra una decina d’anni nel pensare a quel momento ti infiammerai di un colore diverso. Io, nel frattempo, spero che in Italia sia emersa una generazione di donne magari meno avvenenti ma piu’ coraggiose. Se un giorno avessi una figlia, te lo confesso, mi piacerebbe vederla tra di loro.