Quante lingue conoscete o avete dovuto imparare nel corso della vostra vita? Quante tra queste avete solo sfiorato, profondamente amato, o addirittura aspramente odiato? Ogni lingua e‘ legata a precise emozioni, se vogliamo anche a un capitolo della nostra vita, e nel mio immaginario raffiguro ognuna di loro come una porta che puo‘ aprirsi in tenera eta‘ e rimanere spalancata per sempre, a tratti socchiudersi o sbarrarsi, ma le cui chiavi chissa‘ perche‘ ci rimangono sempre tra le mani.
A mio figlio di porte se ne sono aperte da subito tre, una italiana, una spagnola e una tedesca. Attraverso le prime due entra ed esce convulsivamente, a toni sempre alti e allegri, su quella tedesca invece si ferma taciturno, osserva con i suoi faretti curiosi da quell’uscio che non e‘ ancora stato nettamente varcato. Da alcuni mesi ho deciso di aiutarlo in questo viaggio e vi racconto come e perche‘.
Le campane toccano le 11:00 e la porta dello studio di Frau Kempter si apre.
„Hallo Leonardo! (Ciao Leonardo!) – sorride attraverso i suoi occhi verdi – Komm, gehen wir zum spielen! (Vieni, andiamo a giocare!) “
Mi guardi un po‘ perplesso, i primi minuti piangevi un po‘; causa Covid in sala d’attesa non posso rimanere, per questo devo tornare a riprenderti tra quarantacinque minuti, quando la seduta sara‘ finita. Sei bravo, mi dai un bacino sulla mascherina e corri verso la bella sala giochi della logopedista.
Tutto e‘ partito sei mesi fa in occasione della visita pediatrica annuale. Tutti i controlli sono andati a buon fine, ma al momento di svolgere alcuni giochi mio figlio esita su alcuni passaggi. Sicuramente capisce, ma avverto in lui una certa „esitazione“, che in qualche modo avevo notato gia‘ da tempo. La pediatra mi si rivolge e dice „non riesco a capire bene se mi intenda o non mi intenda…che ne dice di farlo vedere da una logopedista?“ in quel momento penso di aver perso dieci chili, ma non per la preoccupazione (come molti di voi potrebbero pensare) bensi‘ per il conforto di aver visto constatato un sospetto che avevo in testa da tempo.
Fare le madri mica e‘ un lavoro facile. Ti senti dentro delle cose ma chissa‘ per che coincidenza fortuita il 90% del tuo intorno non capisce quello che stai veramente provando. „Eh, ma che esagerata!“ „Ha solo tre anni!“ „Non ti sembra di essere troppo affrettata!“ „Corri un po‘ troppo!“. E cosi` via. Da mamma devi imparare a incassare e convivere continuamente con le opinioni altrui, soppesando se e perche‘ quello che pensi abbia un fondamento reale o meno.
Stavolta ho pero‘ fatto un lavoro diverso: aprirmi ad un’opinione professionale e riporne fiducia.
Senza drammi, senza angoscie, ho preso e mi sono detta „Si‘ forse e‘ ancora piccolo ma che male puo‘ fargli un po‘ di aiuto esterno? Proviamoci, e se la cosa funziona reciprocamente, vediamo che cosa succede!“
Ho fatto un passo in piu‘ e mi sono detta: avanti, diamoci da fare. Con ricetta medica alla mano ho fatto una veloce ricerca su internet per trovare non troppo piu‘ in la‘ della nostra pediatra un buono studio associato. A Monaco gli ambulatori logopedici sono moltissimi, ognuno con le proprie caratteristiche e specializzazioni. Le opinioni sul famoso portale di valutazione medica (jameda.de) sembravano molto buone e l’ambiente sarebbe sicuramente piaciuto ad un bambino quindi mi sono detta: chiamiamo!
Il primo incontro e‘ stato piu‘ piacevole del previsto: al posto di entrare nella classica praxis tedesca asettica e apersonale siamo stati accolti in una stanza colorata, moderna, pulita, attrezzata di bellissimi giochi adatti ai bambini di tutte le eta‘. Mentre parlavo con la logopedista della situazione di Leonardo e di cio‘ che piu‘ avevo notato negli ultimi tempi, mio figlio si e‘ servito comodamente dei trenini nei cestoni e si e‘ accomodato a costruire un circuito di binari come stesse a casa sua.
In seguito ai due appuntamenti di diagnostica in cui abbiamo focalizzato la situazione e definito la necessita‘ di un ciclo di incontri (non lo chiamo terapia perche‘ Leonardo non ha vissuto nessun tipo di trauma psico-fisico, solo come da lei definito una „mancanza di vocabolario“), Frau Kempter ci ha assegnato un appuntamento settimanale fisso. L’adattamento e la familiarizzazione con la logopedista hanno funzionato molto bene (aspetto da non sottovalutare), molto probabilmente dovuto ad un approccio sempre giocoso e divertente con la lingua, con cui lentamente si sta sempre di piu‘ sciogliendo. Al contrario di lui, io con il tedesco mi sono scontrata a quattordici anni, in adolescenza, e tra i regali piu‘ grandi che la vita mi ha saputo dare c‘e‘ stato un professore (ciao caro Prof. Pesavento!) che ha saputo trasformare una lingua cosi‘ poco musicale in pura melodia, e farmi amare quello Sturm und Drang di cui ancora porto ricordi indelebili.
Ogni lingua ha una propria melodia, e il mio sogno attuale e’ che Leonardo lentamente la intoni. Dopo sette appuntamenti continua a preferire italiano e spagnolo per il primo approccio, ma il ghiaccio si sta lentamente rompendo e sta capendo che in certe situazioni anche l’uso del tedesco puo’ facilitare se non favorire un gioco piu’ interattivo ed interessante.
E a noi genitori cosa e‘ stato detto di fare? Preoccupata della necessita‘ di dover organizzare esercizi o letture extra a casa, sono stata velocemente interdetta. „Continui a parlargli esclusivamente nella sua lingua e non usi il tedesco“ mi e‘ stato detto „e se lo coglie esprimendosi in tedesco semplicemente, lo premi!“ Due regole, semplici e chiare, e la richiesta di un principio di coerenza e ordine nell’aiutare un bambino nello sviluppo di un trilinguismo a volte forse un po’ ingombrante per la sua tenera eta’.
Un’avventura insomma, quella della logopedia, che ho deciso di aprire senza paure ne’ tantomeno remore. Un preciso obiettivo nel volere aiutare mio figlio ma anche farmi aiutare come madre, aprendomi ad un punto su cui SEMPRE daro’ grande importanza, l’integrazione – prima di tutto – linguisitica del paese in cui si vive. Mamme expat tedesche e disperse su questo mondo, io ho raccontato i primi passi della mia esperienza, la vostra come sta andando?
Un abbraccio, Alessandra