Siete pronti a proseguire il viaggio nel mare delle emozioni? Questa volta vorrei camminare al vostro fianco mentre attraversiamo insieme quella tempesta chiamata rabbia dei bambini.
Mi presento, sono Marta Salvio, terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, in attesa del riconoscimento del titolo come Ergotherapeutin.
Cos’è la rabbia?
Se cerchi la definizione di questa emozione prevalentemente troverai qualcosa del genere: la rabbia è considerata una delle emozioni di base ed è una risposta istintiva a situazioni che percepiamo come pericolose, riguarda la nostra sicurezza e ci serve a determinare i nostri confini.
Le emozioni di base sono quelle da considerarsi “vitali” esistono per farci sopravvivere quindi, per deduzione, converrai con me, che è molto sciocco reprimerle o ignorarle.
Ritornando alla rabbia, ci aiuta a determinare cosa conta per noi, cosa ci piace e non ci piace e ad affrontare o fronteggiare esperienze difficili.
Ma tu sai che io adoro darvi altri spunti di riflessione e a proposito di questo ho ascoltato un podcast illuminante.
Secondo la dottoressa Barbieris, la rabbia è una predisposizione all’azione, la definisce come l’emozione del problem solving: sento un bisogno interno, ma nell’ambiente trovo un ostacolo che mi impedisce di raggiungerlo. Quando sono davanti all’ostacolo la rabbia mi aiuta a togliere l’ostacolo.
Inoltre la dottoressa aggiunge che può anche essere vista come emozione della determinazione perché quando l’ostacolo è difficile da rimuovere la rabbia aiuta a perseverare nella rimozione di quest’ultimo.
Come funziona la rabbia?
La rabbia ha un andamento sinusoidale e possiamo dividerla in tre fasi, tutte variano da persona a persona ma possono avere alcuni elementi comuni.
fase iniziale → può essere un escalation più o meno rapida
fase di picco → quella che potremmo chiamare crisi di rabbia
fase di attenuazione → quando si torna verso lo stato di calma iniziale

Dal punto di vista neurologico avviene un’attivazione dell’amigdala, parte “antica” del nostro sistema nervoso centrale e più irrazionale, la quale prende il sopravvento e “disattiva” la parte più razionale del nostro cervello (cioè i lobi frontali).
Non a caso a volte si dice “perdita della ragione”.
Questo meccanismo neurologico avviene in qualsiasi essere umano con una sostanziale differenza: i piccoli esseri umani hanno la parte razionale del cervello che non ha ancora completato il suo sviluppo. Per questo fanno e faranno, per molto tempo, fatica a gestire questa emozione.
Quello che spesso ricordo ai genitori che si rivolgono a me per dubbi rispetto allo sviluppo emotivo dei propri figli è che il completo sviluppo emotivo, secondo gli studi odierni, avviene dopo i 20 anni.
Infatti se ci pensiamo, o almeno per me è così sicuramente, anche noi ci riteniamo “relativamente freschi” nel padroneggiamento delle nostre emozioni e soprattutto di quelle più complesse come la rabbia.
Come si innesca la rabbia?
La rabbia è la risposta automatica che si innesca davanti ad un’ingiustizia o a una minaccia, o meglio, a qualcosa che noi percepiamo come tale. Noi ci sentiamo minacciati o sentiamo minacciati i nostri diritti e ci attiviamo per difenderli.
Le crisi di rabbia possono essere più forti con le persone del nostro nucleo familiare questo perché si ha più confidenza e quindi ci si sente più liberi di lasciarsi andare, si ha anche paura di perdere il loro affetto o si vorrebbe modificare le loro risposte alle nostre richieste.
Come si placa la rabbia?
Ora ti dirò, anzi ripeterò, qualcosa che probabilmente non ti piacerà: non devi calmare i tuoi figli.
La cosa migliore che tu possa fare è lasciargli vivere, provare e superare quest’emozione.
È difficile? Assolutamente si
È utile? Assolutamente si
Perché? Perché se le lasci vivere e provare questa (o le altre) emozioni di fatto stai facendo un “lavoro” di alfabetizzazione emotiva e ad oggi sono molti gli studi dove si vedono i vantaggi di un adeguato supporto in questo ambito.
Ora immagino vorrai sapere cosa si debba fare per aiutarlo in questo passaggio di conoscenza di se stessa e della propria emozione.
Ecco un piccolo schema di cosa ti consiglio e cosa ti sconsiglio di fare
Ti consiglio di… | Ti sconsiglio di… |
Trovare prima la tua calma | Provare a calmare con le tue urla, agitazioni e frustrazioni |
Restare vicino (non per forza in contatto) | Allontanare il bambino o allontanarti dalla bambina (resta a portata di sguardo) |
Proteggere nel momento del picco (tua figlia o chi le sta intorno non dovrebbero farsi del male) | Lasciargli distruggere, lanciare o picchiare ciò che gli sta intorno |
Consolare durante la fase di attenuazione | Passare subito ad altro senza concludere il momento appena vissuto. |
Quando preoccuparsi per le crisi di rabbia dei propri figli e come intervenire?
In generale le crisi emotive (di qualsiasi tipo di emozione) devono ritenersi problematiche quando ci impediscono di vivere una vita serena.
Rimanendo sul tema della rabbia e soprattutto nella fase di vita dell’infanzia, le crisi di rabbia devono allarmarci quando:
– nostro figlio si mette in pericolo facendosi del male, o nostra figlia provoca danni a persone od oggetti
– le crisi durano troppo tempo (prendi circa 15 minuti come tempo di riferimento)
– le crisi emotive sono presenti in tutti gli ambienti di vita quotidiana del bambino impedendogli di socializzare e creare legami

Cosa fare in questi casi? Rivolgetevi ad una psicologa dell’età evolutiva per una valutazione emotiva.
È utile la (neuro)psicomotricità? Potrebbe ma dipende da quali fattori scatenano le crisi emotive e che lavoro viene fatto a casa dai genitori, a definirne l’utilità dovrebbe sempre essere una figura clinica. In Italia sono solitamente psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri e a volte pediatri. In Germania potrebbe essere il Kinderartz o il Neuropädiatre: ma ricorda che in Germania trovi solo la Psychomomotorik (disciplina per lo più educativa): la neuropsicomotricità non c’è e potresti essere dirottato su l’Ergotherapie che è il nostro equivalente della terapia occupazionale.
La dura vita da expat…non è poi così dura!
Potrei farti mille esempi di crisi di rabbia di entrambi i miei figli sia prima che dopo il trasferimento a Monaco di Baviera.
Un pressoché quotidiano avviene al mattino o al pomeriggio quando metto i miei figli nel carretto per andare o tornare da scuola. Ho la certezza quasi matematica che almeno una volta, uno dei due si arrabbierà perché il fratello ha messo il braccio sopra il suo o la sorella ha valicato la metà del poggiapiedi.
Come risolvere la situazione? A volte, se ho tempo, mi fermo e cerco di mediare o gli dico che il loro litigio non mi aiuta a guidare in modo sicuro e ho bisogno di trovare una soluzione. Altre volte faccio pace con me stessa e mi dico che due bambini che litigano non sono una cosa così assurda e di certo non disturbano, aspetto di arrivare alla meta e consolo, abbraccio, comprendo e aiuto nella rielaborazione.
Un altro esempio che mi viene in mente invece è una crisi di rabbia di mio figlio poche settimane dopo il ritorno dalle prime vacanze di natale (se non sai di che parlo, ne ho scritto qui, e un altro estratto di quella storia la trovi anche alla fine di questo articolo).
Non ricordo cosa vietai a mio figlio, poteva essere mangiare un intero pacchetto di caramelle come guardare 3 ore di fila di cartoni animati o uscire in costume a gennaio, ma poco importa il motivo.
Il mio divieto scatenò una crisi di rabbia in mio figlio il quale, inizialmente, si lasciò scivolare sulle scale del nostro palazzo urlando “nooooooo, mamma noooooo” (piccolo condominio tranquillo di 7 appartamenti dove nessuno fiata se non il vicino che passa l’aspirapolvere ogni mattina alle 7:30) e io di rimando gli urlavo di non urlare (comico vero?).
Poi quando lo presi di peso per portarlo in casa (immaginatemi con una bebè di 3 mesi in fascia) cominciò a urlare qualcosa del tipo “Lasciami non vengo a casa! La distruggo la casa!”. Visto che non si calmava lo portai in casa lì si rifugiò sotto il tavolo urlando “Voglio papà! Lasciami stare! Vai via!”.
Non vi so dire quanto durò ma si calmò solo nel momento in cui, finalmente, anche io mi calmai e riuscii a entrare sotto il tavolo con lui e dirgli “Sono qui. Quando vorrai il mio abbraccio, proverò a dartelo come te li da il tuo papà, se vuoi”.
Quanti errori ho fatto? Qui, descritti, almeno 3. Considerate che ho omesso vari passaggi, se no questo articolo diventava un romanzo, quindi credo di averne fatti almeno il doppio. Ma il punto non è questo, il punto è che ho riconosciuto di non poterlo calmare in quello stato e solo quando finalmente ho trovato la forza e il tempo di calmarmi allora ho potuto calmare mio figlio.
Come le regole di sicurezza sugli aerei: prima metti a te stesso la maschera dell’ossigeno, poi la metti a chi ha bisogno vicino a te.
Un ultimo esempio è fresco delle vacanze che ho appena trascorso in Italia lo trovi nel mio post su Instagram.
Vorrei lasciarvi, infine, un’ultima risorsa per approfondire questo tema.